Galleria X3

Fotografia contemporanea

ALFREDO D’AMATO | COCALARI


Vedi le fotografie della mostra

   
   
   
   

Un enorme tappeto verde dai grandi fiori stilizzati color ocra chiaro è disteso su un prato appena rinato al tepore della primavera. Corina e Claudiu giocano sereni, rotolandosi sulle pieghe del grande arazzo confuso con la terra, ignari, ancora, di una condizione che li vede protagonisti di una storia familiare fatta di sacrifici e sofferenze, povertà estrema ed emarginazione. Alla periferia di Bucarest, in un posto chiamato Calea Vacaresti, quattro famiglie rumene hanno trasferito le loro misere cose, hanno trovato abitazione in squallide baracche di legno e ferraglia, umili case per un destino incerto, nei bordi di un bacino asciutto di un lago rtificiale, sorto da un progetto del governo Ceausescu, per irrorare questa pianura e renderla fertile. Sono chiamati cocalari, come tutti coloro che senza fissa dimora e soprattutto senza un’identità registrata, si stanziano in un luogo sperando in un futuro migliore. Nelle fotografie di Alfredo D’Amato si racconta una storia con uno sguardo che non cede mai alla commiserazione nè alla cruda denuncia di una condizione, mostra, al contrario, una sensibilità capace di far emergere quella forza di volontà che sostiene la sopravvivenza quotidiana di questi uomini e queste donne, la solidale condivisione di un rifugio per ripararsi dalle gelate invernali, la tenerezza dei bambini che aspettano un boccone di cibo sulla soglia della porta. Fotografia artistica che testimonia “momenti di storia”, senza l’urgenza del reportage, pur rimanendo nel cuore della vicenda narrata: come sottolinea Charlotte Cotton nel suo testo The Photograph as Contemporary Art “una nuova tipologia di fotografi ha iniziato a inquadrare il mondo e le relazioni fra gli uomini in maniera misurata e contemplativa”. Anche D’Amato rallenta il tempo dell’esecuzione, trascorre alcune giornate con le famiglie, entra nelle baracche, si ritaglia uno spazio scomodo per costruire il suo racconto, in punta di piedi, partecipando emotivamente del disagio collettivo. E questo si avverte fortemente. Con la sua macchina fotografica penetra sottilmente la psicologia di queste persone, facendosi carico che il suo “documento” abbia una dimensione etica, che emerga l’aspetto più umano e delicato di un modo di vivere che rasenta la disumanità . Saranno i paesaggi, i dettagli apparentemente casuali, i tagli compositivi, gli atteggiamenti e le azioni a tradire la consapevolezza del fotografo di trovarsi in un angolo di mondo dove i diritti sono negati, dove gli investimenti industriali fallimentari hanno creato sacche di ineguaglianza sociale che la Romania post-comunista non riesce ancora ad assorbire. Calea Vacaresti nel rigido inverno del 2003 era, e forse lo è ancora, una pianura desolata, delimitata all’orizzonte dalle torri fumarie di una fabbrica attiva a Bucarest. Solo sterpaglia e pezzi di ferro abbandonati che i cocalari utilizzano per le loro improvvisate costruzioni o per ricavarci del denaro. La neve fuori è alta ed è necessario stringersi ancor di più per superare la morsa del freddo. Ghea e Florin hanno trovato un vecchio sofà che potrà essere bruciato per un fuoco collettivo, mentre Sorin e Alin vendono cianfrusaglie al mercato di Pantelimon, servono soldi per mangiare. Talvolta i loro sguardi oltrepassano l’obiettivo per fissarsi indelebili nella nostra mente: Florin, Alina e Sorin, la piccola Corina, Vacille, Pavel fissano Alfredo e la loro forza di conservazione si delinea nella profondità degli occhi scuri, nei sorrisi appena accennati, nella posa talvolta ricercata. D’Amato è tornato i quei luoghi tra la primavera e l’estate. La campagna si è rinverdita, la famiglia si raduna all’esterno per il momento del pranzo e Gabriel, a piedi nudi su un terreno pietroso, crea per gioco il suo personale rifugio sotto un pesante telone di plastica. “Cocalari” è un progetto costruito sui sentimenti, è l’espressione di uno spirito solidale al quale non sfugge la contestualizzazione politica e l’impatto documentario senza la convenzionalità del messaggio. Ci sarà una primavera anche per loro e Corina lo sa, ha già indossato il suo abito rosa di principessa.

Emilia Valenza