Galleria X3

Fotografia contemporanea

VALERIO BELLONE | FLUSSI
a cura di Giulia Scalia


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Viaggiatori mirabili! Quali nobili storie
vi leggiamo negli occhi, profondi come flutti!
[…] Dite, che avete visto?
da “Il viaggio” di C. Baudelaire

Le stazioni ferroviarie sono simbolo della società contemporanea, di quei nonluoghi che Marc Augè definisce come prodotti della “surmodernità” e dell’eccesso, luoghi non identitari dove nessuno abita e vive, luoghi di passaggio, spesso senz’anima.
Proprio nelle stazioni di Berlino, della Sicilia e della Thailandia nasce e si sviluppa Flussi, un progetto fotografico realizzato da Valerio Bellone che, durante i suoi numerosi spostamenti, ha indagato la dimensione del viaggiatore.
All’interno delle stazioni, e in particolare dei treni, i passeggeri lasciano qualcosa di sé, del loro passaggio, caratterizzando e ribaltando l’idea della stazione come luogo neutro.
Protagonista di Flussi è la gente comune: il pendolare, l’extracomunitario, la mamma con il bambino, l’impiegato delle ferrovie, lo studente fuorisede.
Il fotografo riesce a svelare la peculiarità di ogni individuo, oltre lo schema dell’omologazione contemporanea.
In quel momento di pausa, quando il treno è ancora fermo alla stazione, le persone si svelano, raccontando, grazie ai loro volti, agli oggetti che portano con sé, ai vestiti che indossano, la loro storia che, noi osservatori, possiamo soltanto immaginare o inventare. Qui emerge la complessità e la molteplicità dei ritratti che scorrono davanti ai nostri occhi poiché, come scrive Diego Mormorio, “in ogni ritratto è detto tutto, senza che nulla sia detto chiaramente”.
Il finestrino del treno si trasforma dunque in una quinta teatrale, facendo da cornice all’immagine e al soggetto ritratto. La fotografia diventa meta-fotografia.
La finestra, o la soglia, anch’essa metafora della fotografia, è un frame di una narrazione in progress. Il vagone, ai nostri occhi, si trasforma nella casa del viaggiatore, il luogo in cui ci si sente protetti, congelati in una dimensione ibrida che è a cavallo tra il viaggio e la pausa. Flussi, si riferisce quindi allo spostamento continuo dei viaggiatori ma anche alla natura della fotografia che sospende lo scorrere del tempo.
Scriveva Luigi Ghirri “quando apriamo una finestra e guardiamo fuori, è come la prima inquadratura, è l’apertura del nostro sguardo sul mondo. Funziona come il mirino della macchina fotografica, non c’è una grossa differenza”. Il finestrino del treno diventa un’ “inquadratura naturale” tramite cui il nostro sguardo è guidato e orientato. Lo sguardo del fotografo, curioso e voyeur, ci trascina in una carrellata di prospettive eterogenee che ci spingono continuamente a immaginare un altro angolo di mondo, come in una dialettica delle differenze.
Ogni fotografia è una storia diversa, un volto nuovo che ci parla attraverso uno sguardo diretto o attraverso un gesto, un sorriso, una fisionomia orientale o europea.
La fotografia di Valerio Bellone è tuttavia sempre estremamente ordinata e lineare. Ogni singolo scatto è pensato secondo un ordine specifico e la precisione con cui egli sceglie le inquadrature non è mai casuale. Anche nei suoi paesaggi la figura umana è spesso inserita in un ordine più ampio ed è introdotta in una parte laterale dell’inquadratura. L’immagine è come una pagina bianca all’interno della quale il fotografo sceglie come collocare tutti gli elementi. Questa ricerca di equilibri nella composizione fotografica si può riscontrare chiaramente in Flussi, una ricerca seriale, ripetitiva ma mai uguale a sé stessa che ci rimanda al linguaggio cinematografico, allo scorrere di inquadrature che potrebbero essere procrastinate all’infinito.

Giulia Scalia

Le foto del progetto su valeriobellone.com